Ultimo Urlo - Inviato da: Panzerfaust - Sabato, 02 Gennaio 2010 15:56
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Il tenente Jelenkovich

 .: In ricordo del Ten. Jelenkovich

Uno degli Ufficiali del Btg. LUPO, il tenente JELENKOVICH nato a Zara il 2 febbraio 1914 e deceduto a Genova il 24 novembre 1997, così viene ricordato dal suo marò IVO VICENTINI
" IL MORTAIO E' UN'ARMA RUSTICA"
Questo motto, che identificava la IVa compagnia del battaglione Lupo della Xa MAS, richiama alla memoria quello splendido ufficiale che ce l'ha insegnato e che spesso ce lo ripeteva, il tenente Simeone Jelenkovich.
Combattente in Russia, con soldati certamente valorosi, nel nostro reparto aveva trovato la Sua realizzazione di Comandante di un reparto di giovani ragazzi pieni del Suo stesso entusiasmo che ricambiavano l'affetto che ci portava con un profondo sentimento di rispetto, obbedienza, ammirazione e soprattutto con amore quasi filiale. Arrivava persino a dire che quasi tutti i Suoi ragazzi avrebbero potuto essere degnamente degli ufficiali. Io ho avuto la fortuna di vivere la mia vita militare molto vicino a Lui ed ho capito che il suo rigore di comandante era finalizzato alla nostra sicurezza, esigeva proprio per questo una preparazione completa con tutta la determinazione di cui disponeva.
I Suoi amori: oltre che per la famiglia per la quale aveva un comportamento quasi militare di guida e protezione, il suo amore era per la Dalmazia per la quale sentiva una forte nostalgia; poi c'eravamo noi che difendeva in ogni occasione con tutta la forza di cui era capace, come una tigre difende i suoi cuccioli. Era certamente un "duro" dall'enorme cuore.
Il suo più grosso dispiacere: non averci potuto guidare al fronte, essendo stato fermato a Lonato mentre stava raggiungendo il reparto sul Senio, a seguito degli esiti di un incidente che gli rese cieco l'occhio destro e che l'hanno reso inabile al servizio al fronte; questo non ce l'ha mai detto, ma traspariva da ogni sua espressione nei tanti incontri a guerra finita. Molto spesso lo ricordo e sempre con immutato affetto e quando penso a Lui mi sembra di sentire la risposta che usava dare a chi si lamentava per qualche disagio con la sua voce aspra e con l'inconfondibile accento zaratino: "Xe guera".
E' certo che fino a quando l'ultimo della nostra compagnia avrà vita, Simeone Jelenkovich vivrà nella nostra memoria e nel nostro cuore. Milano 19 marzo 1998"

Oggi, fortunatamente, possiamo rallegrarci perché la memoria di questo validissimo ufficiale l'affidiamo anche al nostro sito Internet.

Ma la storia non finisce qui. Pubblichiamo qui di seguito la lettera della nipote Laura Jelenkovich che del nonno Simeone conserva un affettuoso e ammirevole.

"Caro Maluta,
mi permetto di chiamarla così perché ho sempre sentito il nonno dire Maluta, Maluta, quindi un sig.Maluta mi stonava.
Come avrà capito sono Laura, e le chiedo scusa di non averle risposto prima, ma ho avuto molto da fare con lo studio che occupa tutto il mio tempo (veramente in questo momento dovrei essere alle prese con diritto penale, ma è tempo di fare una pausa).
La sua lettera mi ha fatto molto piacere, perché sentire qualcuno che parla con affetto di mio nonno è molto bello, e devo dire che m'inorgoglisce anche un po'! In effetti mio nonno era un tipo eccezionale, camaleontico: alle volte sgarbato come solo lui sapeva essere, altre tenero e simpatico, ma solo sulla Decima e sulla sua Dalmazia rimaneva sempre lo stesso, che avesse sessanta, settanta o ottant'anni l'ho sempre visto infiammarsi di amore e di orgoglio quando se ne parlava, e me ne ha parlato così tante volte che sarebbe impossibile contarle. In effetti era anche un po' ripetitivo nei suoi aneddoti, e quando ero piccola mi raccontava sempre le stesse cose: ora però sono felice che me le abbia raccontate così tante volte altrimenti adesso non riuscirei a ricordarle così bene e non sarebbe facile cercare di consolarsi per averlo perso: anche se aveva i suoi anni e non si può certo dire che non abbia avuto una vita intensa non ho mai pensato che potesse morire, lui era il nonno, aveva fatto la Russia, era immortale. Invece se ne è andato così, di colpo, quasi in punta di piedi, e per salutarlo non potevo che leggergli "Caro Nipote" che ormai so quasi a memoria. E' stato molto difficile per me recitare i suoi versi, perché erano carichi di ricordi e di sentimenti. Quando ho spiegato ai presenti in Chiesa, perché leggevo "caro nipote", cioè perché il nonno l'aveva letta tante volte a me e alle mie cugine, sapevo di dire una cosa non vera, perché a loro non è mai importato niente di "caro nipote" e delle storie della De
Decima, io invece le adoravo e ho una visione di me davanti alla carta pergamenata su cui mio nonno aveva fatto scrivere la sua poesia , mentre lui me la leggeva e poi mi diceva che poteva essere stato uno di quelli che non sono tornati, e che quella poesia allora sarebbe valsa anche per lui, .."in nome dell'amico che mi ha preceduto, caro nipote ama l'Italia". Per me leggere la sua poesia è stato il modo migliore per dire arrivederci a mio nonno e soprattutto per dirgli quanto gli ho voluto bene, e quanto ancora gliene voglio. Ricordo giorni in cui mi faceva ascoltare sul suo vecchio registratore delle cassette con le canzoni della Decima, ed in particolare quella del Battaglione Lupo, che io cantavo in classe quando ero alle elementari e che ricordo ancora a memoria. E poi la preghiera del marinaio: era sua la voce che leggeva? Non so che fine abbiano fatto quelle cassette, ma se lei ne avesse una copia , soprattutto quella con i canti della decima, mi farebbe tanto piacere averne una copia, per poter canticchiare ancora o battaglione lupo, il più bello sei tu..Ormai è passato un anno, ma mi sembra ieri, o forse non mi sembra affatto che sia successo, perché mio nonno è sempre nei miei pensieri.
Le chiedo ancora scusa per non averle risposto prima, ma purtroppo quando devo oreparare un esame mi chiudo in "clausura" e non ho il tempo nemmeno per respirare.
Spero di avere sue notizie
A presto Laura Jelenkovich

DECIMA COMANDANTE

 

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